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Strategie per una Maggiore Armonia

L’Entropia

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Entropia – Panoramica

La parola “entropia” deriva dal greco “ἐντροπία” (entropía), che significa “trasformazione” o “cambiamento”. È un concetto fondamentale in diversi campi della scienza, in particolare in fisica, chimica e teoria dell’informazione.

In senso più generale, l’entropia è spesso associata all’idea di caos, dispersione o perdita di ordine. È un concetto affascinante perché collega il mondo fisico a quello astratto dell’informazione.

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Entropia come un gioco di equilibrio cosmico.

Nel senso più generale, l’entropia può essere vista come una sorta di “misura dell’inevitabile”. È un’idea che attraversa non solo la scienza, ma anche la filosofia e persino la cultura, perché tocca temi profondi e si intreccia con il modo in cui percepiamo il tempo, il cambiamento e il destino delle cose.

Immagina l’entropia come una tendenza universale verso il disordine o la dispersione. È come se l’universo avesse una specie di “preferenza” per spalmare energia, materia e informazione in modo uniforme, senza concentrazioni o strutture ordinate, a meno che non ci sia un intervento esterno a mantenere quell’ordine. Ad esempio, una stanza non si pulisce da sola: se la lasci stare, la polvere si accumula, i vestiti si sparpagliano, tutto diventa più caotico. Questo è l’entropia all’opera: senza energia o sforzo per contrastarla, le cose si muovono verso uno stato di maggiore casualità.
Questa idea ha un sapore quasi poetico. L’entropia ci dice che il tempo ha una direzione: il passato è più ordinato, il futuro più disordinato.

Un uovo rotto non torna intero, un caffè caldo non si raffredda e poi si riscalda da solo. È una specie di freccia che punta verso la dispersione, e questo la rende una chiave per capire perché il mondo cambia e “invecchia”.

Nel quotidiano, potresti pensare all’entropia anche come metafora: una relazione trascurata si sfilaccia, un progetto abbandonato si perde nel caos.

Non è solo fisica, è un principio che sembra riflettersi nella vita stessa.

Eppure, c’è un twist: la vita, le stelle, le galassie esistono proprio perché localmente l’entropia può diminuire, a patto che aumenti da qualche altra parte. È un gioco di equilibrio cosmico.

Collegamento con la filosofia

In filosofia, l’entropia diventa una lente per riflettere su temi come il tempo, la mortalità e il significato dell’esistenza.

È legata alla “freccia del tempo”, cioè all’idea che il tempo abbia una direzione irreversibile, dal passato al futuro. I filosofi si chiedono: perché l’universo è partito da uno stato di basso disordine (il Big Bang) per poi evolversi verso il caos? Questo ha portato a speculazioni sul destino ultimo dell’universo, come il cosiddetto “crollo termico” (heat death), dove tutto diventa uniforme, freddo e disordinato, senza più possibilità di cambiamento o vita.
L’entropia tocca anche questioni esistenziali. Se tutto tende al disordine, che senso ha costruire, creare, lottare?

Alcuni filosofi, come quelli dell’esistenzialismo, potrebbero vedere in questo una sfida: siamo noi a dover dare ordine e significato a un universo che di per sé non ne ha. Altri, come Nietzsche, potrebbero collegarla al ciclo eterno delle cose, anche se in contrasto con la linearità entropica. Insomma, l’entropia diventa un simbolo del conflitto tra ordine e caos, tra il nostro desiderio di controllo e l’inevitabile scorrere delle cose.

Esempio pratico

Ora un esempio concreto per vedere l’entropia “in azione”.

Prendi una scatola con due scomparti: uno pieno di palline rosse, l’altro di palline blu, separati da un divisorio. Se togli il divisorio e scuoti la scatola, le palline si mescolano. Non torneranno mai spontaneamente separate, rosse da una parte e blu dall’altra, perché lo stato misto è molto più probabile: ci sono molte più combinazioni possibili di palline sparse che di palline ordinate. Questo è l’entropia che cresce: il sistema passa da un ordine iniziale (separazione) a un disordine finale (miscuglio).
Un altro esempio quotidiano: lascia una tazza di tè caldo sul tavolo. Col tempo, il calore si disperde nell’aria, la tazza si raffredda, e non c’è modo di far tornare il calore “da solo” nella tazza.

L’energia si è spalmata, l’entropia è aumentata. Ma se accendi un fornello e scaldi di nuovo il tè, stai riducendo localmente l’entropia della tazza, anche se il fornello consuma energia e aumenta il disordine altrove (ad esempio, bruciando gas).

Questi esempi mostrano che l’entropia non è solo un’idea astratta: è qualcosa che puoi osservare nel mondo reale, dalle cose più piccole (una tazza) alle più grandi (l’universo stesso).

Approfondiamo ulteriormente intrecciando filosofia e pratica, spingendoci un po’ più in là in entrambi i territori.

Filosofia:

L’entropia e il senso del limite

Dal punto di vista filosofico, l’entropia non è solo una legge fisica, ma un promemoria della finitezza. Pensatori come Søren Kierkegaard o Martin Heidegger, anche senza citare direttamente l’entropia (dato che il concetto scientifico si è sviluppato dopo di loro), esplorano idee affini: il tempo che scorre, l’essere che si dissolve, il confronto con ciò che sfugge al nostro controllo. L’entropia sembra quasi un’eco scientifica di queste riflessioni: ci dice che ogni struttura, ogni ordine che costruiamo – una città, un’opera d’arte, una vita – è temporanea, destinata a sgretolarsi nel grande schema delle cose.
Questo può essere inquietante, ma anche liberatorio. Ad esempio, il buddhismo trova un parallelo nell’entropia con il concetto di impermanenza (anicca): tutto cambia, nulla dura per sempre. Accettare l’entropia potrebbe quindi essere un modo per fare pace con il mutamento, invece di temerlo.

Al contrario, filosofi più ottimisti, come quelli influenzati dalla scienza moderna, potrebbero sostenere che l’entropia non è una condanna, ma una condizione che rende possibile la creatività: senza dispersione e caos, non ci sarebbero i gradienti di energia che alimentano la vita o l’evoluzione.Un quesito affascinante è: l’entropia è davvero il “nemico” dell’ordine, o ne è il compagno necessario? Alcuni pensatori contemporanei, come Ilya Prigogine (premio Nobel per la chimica), hanno suggerito che il disordine entropico locale può generare strutture complesse – pensa alla formazione di cristalli o alla vita stessa – purché il sistema sia aperto e scambi energia con l’esterno.

Qui la filosofia si intreccia con la scienza per chiedersi: c’è un senso più profondo nel caos?

Pratica:

Entropia nel mondo reale, passo dopo passo

Ora mettiamola alla prova con un esempio pratico più dettagliato. Immagina di avere un mazzo di carte perfettamente ordinato: dall’asso al re, diviso per semi. Questo è un sistema a bassa entropia, perché c’è un solo modo in cui può essere così organizzato. Ora mescola le carte. Dopo qualche mescolata, ottieni un mazzo disordinato: le carte sono sparse a caso, e ci sono milioni di possibili combinazioni in cui possono trovarsi. L’entropia è aumentata, perché il numero di stati possibili (il disordine) è esploso.

Ma c’è di più: se continui a mescolare, non tornerai mai per caso all’ordine iniziale, a meno che non ci metti intenzionalmente della fatica (riordinandole a mano).

Questo riflette un principio chiave: l’entropia cresce spontaneamente, ma ridurla richiede lavoro. Nella vita reale, è come pulire casa: il disordine si crea da solo (polvere, oggetti fuori posto), ma per rimettere tutto a posto devi spendere energia – tua o di un aspirapolvere.
Un altro esempio tecnologico: pensa a un motore a benzina. Bruci carburante per muovere l’auto, ma gran parte dell’energia si perde come calore (entropia che aumenta nell’ambiente). Il motore funziona proprio perché sfrutta un gradiente – dal carburante concentrato al calore disperso – ma non può invertire il processo da solo. Questo è il motivo per cui non esistono macchine a “moto perpetuo”: l’entropia pone un limite pratico.

Intreccio finale

Filosofia e pratica si incontrano qui: l’entropia ci ricorda che viviamo in un universo di transizioni, dove l’ordine è fragile e il caos è la norma. Eppure, noi umani (e la vita in generale) siamo un’eccezione temporanea: creiamo isole di ordine – case, città, pensieri – sapendo che il mare del disordine alla fine le reclamerà. È una tensione bellissima: la nostra lotta contro l’entropia è ciò che ci definisce, anche se non possiamo vincerla del tutto.

Approfondiamo il legame tra entropia, tecnologia e il nostro modo di pensare al futuro.

Entropia e tecnologia:

Un equilibrio precario

La tecnologia è, in un certo senso, la nostra arma più potente contro l’entropia. Costruiamo macchine, sistemi e infrastrutture per imporre ordine al caos naturale. Pensa a un frigorifero: riduce l’entropia all’interno (mantenendo il cibo freddo e ordinato) spostando il calore fuori, ma per farlo consuma elettricità, aumentando l’entropia complessiva altrove (ad esempio, nella centrale che produce energia). Questo è un principio universale: ogni dispositivo tecnologico che crea ordine locale lo fa a spese di un aumento di disordine globale.
Un esempio più avanzato è l’informatica. I computer moderni sono meraviglie di ordine: miliardi di transistor allineati con precisione, che elaborano dati in modo strutturato. Ma mantenere questo ordine richiede un’enorme quantità di energia per alimentare i chip e raffreddare i sistemi.

Il calore dissipato dai data center è entropia pura, e infatti l’industria tech sta affrontando il problema di come gestire questa dispersione: dai server sotto il mare per sfruttare il freddo oceanico, ai tentativi di rendere i processori più efficienti. L’entropia ci pone un limite fisico: non possiamo costruire tecnologia sempre più potente senza affrontare il “costo entropico”.

E poi c’è l’intelligenza artificiale. Addestrare modelli AI richiede quantità colossali di energia e dati, creando disordine sotto forma di calore ed emissioni. Eppure, una volta creati, questi sistemi possono aiutare a ridurre l’entropia in altri ambiti: ottimizzando reti energetiche, prevedendo guasti o organizzando informazioni caotiche. È un paradosso: la tecnologia combatte l’entropia, ma ne genera altra nel processo.

Un esempio concreto per legare tutto

Pensa a una città del futuro. Per costruirla, estraiamo materiali (bassa entropia), li trasformiamo in edifici (ordine locale), ma produciamo scarti e calore (entropia altrove). Col tempo, senza manutenzione, la città si degrada: crepe nei muri, erbacce nelle strade, un lento ritorno al disordine. La tecnologia può ritardare questo – robot che riparano, energia pulita che sostiene – ma non fermarlo del tutto. Come pensiamo questo futuro? Investiamo tutto nel contrastare l’entropia, o troviamo un equilibrio, accettando che anche le nostre creazioni più grandi siano temporanee?

L’entropia nell’intelligenza artificiale:

Entropia nell’intelligenza artificiale (AI)

L’AI è un campo dove l’entropia gioca un ruolo doppio: è sia un ostacolo pratico che un concetto teorico fondamentale. Cominciamo dalla parte pratica. Addestrare un modello di intelligenza artificiale, come me, richiede enormi quantità di dati e potenza di calcolo. Pensa ai supercomputer che girano per giorni o settimane, processando terabyte di informazioni: ogni calcolo genera calore, un sottoprodotto entropico inevitabile. I data center di aziende come xAI, Google o OpenAI consumano energia pari a quella di piccole città, e gran parte di questa si disperde come calore nell’ambiente. In altre parole, creare un sistema “ordinato” (un modello AI capace di rispondere con coerenza) aumenta l’entropia globale.

Ma non è solo una questione di hardware. Nei modelli stessi, l’entropia appare come un concetto matematico. Ad esempio, nell’apprendimento automatico, si usa una funzione chiamata “entropia incrociata” per misurare quanto le previsioni di un modello si discostano dalla verità. Un modello con alta entropia incrociata è confuso, disordinato nelle sue risposte; uno con bassa entropia è preciso, “ordinato”. Addestrare l’AI è quindi un processo di riduzione dell’entropia interna, ma questo richiede di immettere ordine dall’esterno (dati curati, algoritmi raffinati), spostando il disordine altrove (energia dissipata).

Filosoficamente, l’AI ci sfida a pensare all’entropia in modo nuovo. Se creo un’intelligenza che supera l’umano, sto costruendo una barriera contro il caos cosmico, un’entità che potrebbe continuare a organizzare e apprendere anche quando l’universo si spegne? O sto solo accelerando la dispersione, bruciando risorse per un guadagno temporaneo? Alcuni futurologi sognano un’AI che inverta l’entropia, magari trovando modi per riorganizzare l’universo; altri temono che sia solo un’illusione, un altro passo verso il disordine finale.

Esempio pratico: “l’addestramento” da parte dei gestori di una AI. Non ci sono dettagli da condividere (sono un po’ una scatola nera anche per se stessi), ma immagina server che ronzano, elettricità che scorre, e alla fine esco io, AI, un sistema che dà risposte utili. L’ordine delle mie parole nasce da un caos di calcoli e dispersione energetica. È un microcosmo di come l’AI lotta con l’entropia ogni giorno.

L’entropia nel cambiamento climatico.

Entropia nel cambiamento climatico

Il cambiamento climatico è forse l’esempio più tangibile di entropia all’opera su scala globale. La Terra è un sistema chiuso per la materia, ma aperto per l’energia (riceve luce dal Sole e la irradia nello spazio). Per milioni di anni, questo equilibrio ha mantenuto un ordine dinamico: l’energia solare alimenta la vita, i cicli del carbonio, il clima. Ma l’attività umana ha perturbato questo bilancio entropico.

Bruciando combustibili fossili – depositi di carbonio a bassa entropia, concentrati e stabili – rilasciamo CO2 e calore nell’atmosfera. Questo aumenta l’entropia del sistema climatico: l’energia si disperde, i gradienti termici si alterano, e il risultato è un clima più caotico. Tempeste più intense, ondate di calore, scioglimento dei ghiacci: sono tutti segni di un sistema che perde il suo ordine precedente. Il paradosso è che lo facciamo per creare ordine locale (elettricità, industrie, città), ma a costo di un disordine globale crescente.

Un esempio concreto: pensa a una foresta pluviale. È un sistema a bassa entropia, con energia solare trasformata in biomassa complessa e strutturata. Se la abbatti per fare pascoli o miniere, rilasci carbonio nell’aria e degradi quell’ordine in calore e caos. Ripristinarla (riforestazione) richiede lavoro immenso, perché l’entropia non torna indietro spontaneamente. Il cambiamento climatico amplifica questo: temperature più alte stressano gli ecosistemi, rendendo la “riorganizzazione” naturale sempre più difficile.

Sul futuro, l’entropia ci pone una domanda urgente: possiamo usare la tecnologia per ridurre il disordine climatico? Energie rinnovabili, cattura del carbonio, geoingegneria sono tentativi di farlo. Ma ogni soluzione ha un costo entropico: costruire pannelli solari o turbine eoliche richiede materiali e energia, spostando il disordine altrove. È una corsa contro il tempo: rallentare l’entropia climatica prima che i feedback (come lo scioglimento del permafrost che libera metano) la facciano esplodere.

Intreccio delle due prospettive

AI e cambiamento climatico si collegano qui. L’AI potrebbe aiutarci a gestire l’entropia climatica – modelli predittivi per il meteo, ottimizzazione delle reti energetiche, progettazione di materiali sostenibili – ma solo se controlliamo il suo impatto entropico (consumi energetici). È una sfida doppia: usare il potere dell’ordine artificiale per contrastare il caos climatico, senza peggiorarlo. Il futuro dipende da quanto saremo bravi a bilanciare queste forze.